Per tutti quelli che, fermandosi a contemplare il tramonto per quei cinque minuti da quando il sole inizia a toccare l'acqua a quando scompare completamente, sono riusciti, anche solo che per un attimo, a sentire il ribollire del mare all'orizzonte.
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giovedì 19 luglio 2012

El Camino de Santiago Parte Quinta

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  El Camino de Santiago Parte Quinta

  Quarto giorno di viaggio
Albergue de San Bol - Sahagun


16 giugno 2010... Ossia ieri (rispetto a quando scrivo)

Piove, tanto per cambiare! Se ne vanno tutti. Nell'albergue de San Bol rimaniamo io e la coppietta svedeso-moldava. 
Facciamo colazione. C’è una chitarrina, la suonicchio timidamente per qualche secondo e la ripongo. I due si offrono di chiudere e portare la chiave, forse in cerca di un po’ di intimità, merce preziosa nel Camino de Santiago e, tutto sommato, io sarei arrivato al paese troppo presto, in bicicletta, avrei rischiato di dover aspettare l'apertura del negozietto.
Parto sotto la pioggia mettendomi un paio di sacchetti ai piedi ma me li tolgo subito perché si impigliano alla catena. Vado avanti e passo Hontanas. Proseguo nella pioggia, il cammino esce per qualche km nella strada asfaltata dove in breve incontro i ruderi del convento di S. Anton, a suo tempo famoso per curare il fuoco di Sant’Antonio, appunto.
Ruderi convento di S.Anton
A questo punto, rivoluziono un po’ quello che ho scritto negli appunti di viaggio... o meglio riscrivo le stesse cose, ma in ordine cronologico (ndr 29.06.2010).
Passo per Castrojeriz, paese dalla silhouette inconfondibile per via del monte a cono alle sue spalle che sfoggia le rovine del vecchio castello. Entrando in paese, prima di arrivare al nucleo di case, si incontra la collegiata di S. Maria del Manzano. Si passa per la via centrale un po’ in costa, dove le case si inerpicano in duplice filar abbracciando il cammino che qui si fa lastricato. All'uscita, dopo uno svincolo d'asfalto, si ritorna al sentiero, che si può percorrere per un ponte alto ½ metro, un po' senza senso o per un comodo sterrato che gli passa a lato. Opto per il secondo. Al ricongiungersi dei due tracciati inizia una bella salitina da fare col rapporto più corto e a passo d’uomo. La salita è ripidissima e melmosa, ma la ruota dietro non scivola per via del peso dello zaino nel portapacchi. Continua a piovere e seguo le orme che ha lasciato un ciclista prima di me.
Castrojeriz - Collegiata di S. Maria del Manzano
In cima, sotto ad una tettoia, c’è un gruppo di spagnoli appiedati, mi dicono che per i ciclisti, nell’albergue consigliavano un altro cammino e che, se la salita è stata ripida, la discesa sarà altrettanto. Io rispondo che nella mia guida non era segnata neanche la salita e che intanto il più è fatto, in discesa non pedalo (risposta un po' lapalissiana).
Riparto ed inizia il discesone. In fondo, arrivato nel piano, il cammino è impraticabile per il fango. Per un pezzo i pellegrini marcano il cammino in mezzo ai campi d’orzo, anche io li seguo e ne sorpasso qualcuno. Aiuto madre e figlia a scendere da un fossato che mi ringraziano quasi a dismisura e finalmente la strada inizia ad essere un po’ più praticabile. Arrivo, così, al Puente Fitero, un ponte antico sul fiume Pisuerga, che passa, tra l’altro, anche da Valladolid.
A questo punto negli appunti di viaggio mi fermo perché le mie 2 compagne [ricordo al simpatico lettore (che sarò io fra qualche anno) che ero ad Astorga con una giapponese ed un’italiana in camera] vorrebbero dormire, perciò spegniamo la luce. Riprendo a scrivere il giorno dopo, il 18 giugno alle 13 circa a Ponferrada. E riprendo parlando dell’italiano che ho incontrato scendendo verso il Ponte Fitero.
L’italiota stava cercando l’Albergue San Nicolas, fondato da una congregazione di monaci italiani di Perugia. Si dice che come benvenuto lavino i piedi ai pellegrini, tradizione diffusa in passato in tutto il Cammino di Santiago, ma rimasta ormai solo in quel piccolo ritrovo di figli del Risorgimento. L'italo-pellegrino mi informa che però, non essendo, lui, molto religioso, voleva prima vedere che aria tirava. Scendo in bicicletta e vedo che l’albergue che stava cercando è, in effetti, la costruzione che vedevamo in lontananza, cosa che prevedevo dato che l'avevo già visto in una foto.
Faccio dei cenni all’italo-agnostico, ma nel frattempo vedo che è chiuso, il ché è normale essendo circa le 11,30 di mattina. Chissà, poi, che voleva farci un pellegrino in un albergue di mattina, forse voleva solo poter dire di essersi fatto fare un pediluvio da dei monaci! 
Albergue de S. Nicolas e Puente Fitero sul Pisuerga
Lascio il connazionale alla sua sorte e riparto, ma faccio pochi metri perché mi fermo un po' dal Puente Fitero. Guardo il tabellone con la storia del ponte, faccio foto e scruto l’altezza impressionante delle acque del Pisuerga che scorre sotto al ponte. Le piogge dei giorni passati lo hanno molto ingrossato. Di lì a poco altre due persone mi si avvicinano, questi in macchina, e mi chiedono se l'albergue degli italiani è aperto. Mi chedo se, allora, ci sia in programma qualche festino esoterico in questo microscopico albergue...!
“No està cerrado, son las 12!”
Comunque proseguo, passo il ponte e dalle parti di Boadilla del Camino mi fermo in un bar per fare un po’ di “almuerzo”... Uscendo incontro il buon vecchio Frank, un ciclico olandese di Amsterdam che viene dal passo di Somport, uno dei due mitici punti di partenza sui Pirenei.

Nel frattempo, da alcune righe, chi scrive lo sta facendo il 19/06/10, circa alle 12,07, anzi, esattamente le 12 e 07 ed è all’alto del Poio a 1335 mt, uno dei punti più alti del cammino con… suo Fratello.
Ma andiamo con disciplina e senso del tempo. Eravamo a Frank, l’olandese (Tra l’altro a Ponferrada, mentre scrivevo di Frank, una vecchietta ha iniziato a parlarmi e non ho più potuto scrivere. Ma come dicevo...disciplina, ne parleremo a tempo debito).
Con Frank ho fatto qualche km in direzione Sahagun. Lo vedo, una prima volta, uscendo dal baretto di Boadilla ma poi ci incrociamo più tardi nelle vie che si allontanano dal paese. Pedalando si fa qualche chiacchiera. Vedo che ha una cartina sul manubrio e decido di seguirlo, considerato che il cammino è impraticabile per il pantano e lui mi dice che sta facendo tutto per carretera. Piove ancora parecchio. La pioggia ci segue fino a Carrion de los Condes, dove mangiamo per 10€ (io 12,50 perché invece del vino prendo coca cola). Io prendo una paella di primo, trota con patate di secondo e torta con crema catalana di dolce. Riprendendo il cammino piove sempre meno e col susseguirsi dei paesi, spunta anche il sole. Con l’olandese ci si saluta dalle parti di Ledigos perché si ferma per vedere Spagna - Svizzera (persa dalla Spagna) in qualche bar.
Assieme a lui ho visto la Madonna. Eh sì; il Camino riserva anche queste prodezze. Era una simpatica donna vestita in modo antico e con somaro al seguito. La salutiamo: “Buen camino!” Lei ci risponde con un sorriso e non favella. Frank dice che assomiglia all’immagine canonica di Maria ed io gli rispondo che…: “Magari...  Abbiamo avuto una visione!” In effetti ci giriamo poco dopo e sembra non esserci più. Ma forse il “poco” era un po’ relativo.
Lasciamo questo punto a future disquisizioni ed arriviamo a Sahagun.... Nel frattempo (e ritorno a quando scrivo, il 19) riprendo il cammino con Mario in giù per l’alto del Poio, lasciamo il diario di bordo a dopo.
Campagne attorno a Ledigos

Eccomi qui a Portomarin, sono le 22,10. Si parlava di Sahagun.
Arrivo ad un’ora decente e non so ancora se fermarmi o  proseguire, ma compro in un supermercato uno yogurt alla frutta, un batido di cioccolato e dei biscotti; saranno la mia cena e (parte) (del)la colazione dell’indomani. Con questa compera mi …comprometto a restare, visto il peso dei viveri! Gironzolo un po’ per il simpatico paese e nel frattempo finisce la partita della Spagna, che perde 0-1. Lo apprendo da un intristito bambino che giochicchia col suo pallone nella Plaza Mayor.
Nel paese vedo un paio di chiese, i ruderi del monastero (credo) ed alla fine mi dirigo all’albergue dei benedettini. Aspetto l’arrivo del custode all'entrata: sulla porta c'è un foglio con scritto che l’hospitalero si è momentaneamente assentato. Dopo qualche minuto mi si avvicina una ragazza dall’aspetto teutonico che però mi parla piuttosto bene in spagnolo. Mi dice di salutare da parte sua un ragazzo che dorme nell’albergue e di dirgli che lei prosegue ancora un po’. Quando entrerò, riconosco il ragazzo della descrizione e riferisco del saluto (e del resto). Lui si ricorda della ragazza ma ha uno sguardo un po’ stupito.
Sahagun - Iglesia de S Tirso
L’hospitalero è un ciclista di quasi sessant'anni che mi parla di un tedesco che suona benissimo l’organo e che in quel momento era stato pinzato dalle suore per suonare alla messa. Mi fa vedere la chiesa annessa all’albergue o forse è meglio considerare che l’albergue sia annesso alla chiesa. Comunque, saltando i convenevoli dell'arrivo, nella mia camera, guarda caso, ci si incontra di nuovo col buon vecchio amico olandese.
Mi doccio, mi ciuccio parte del batido e mangio dei biscotti nel chiostro, dove ho anche lasciato la bici.
Mi godo un po’ l’ambiente e la brezza della sera, poi mi butto a letto, ma non si riesce a dormire, almeno per un po’. Sono nella branda in alto di un letto a castello e sotto ho uno spagnolo di Vittoria che mi parla, mi parla... e mi parla.

 (Continua nei prossimi giorni)

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2 Comments:

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